venerdì 17 maggio 2013

Zombi Holocaust: dove lo splatter diventa ancora più splatter

Gli zombi ritornano in vita dopo la morte con una misteriosa fame di carne umana. I cannibali si nutrono di organi e carne umana. 
Di sicuro c'è un filo conduttore nelle due figure, che trova il suo punto d'incontro in un film prodotto da Fabrizio de Angelis e diretto da Marino Girolami nel 1979: "Zombi Holocaust"
Ancora una volta la mano italiana scrive e dirige una storia che si ambienta per metà a New York e per metà in una fantastica isola delle Molucche. Nulla di particolarmente rilevante e nuovo nella sceneggiatura, nei personaggi e nello stile rispetto ad altri cannibal movie che lo precedono e seguono. Abbiamo il solito giornalista intraprendente che vuole fare carriera (una donna in questo caso), la bella protagonista che non risparmia scene di nudo, un coraggioso e intuitivo detective e i personaggi di contorno che vengono dati in pasto ai cannibali. 
Nella misteriosa isola di Kito ha origine un culto sangunario, con sacrifici umani e riti che prevedono l'antropofagismo in onore del loro dio. 
In questo caso però i nostri protagonisti non incontrano il pericolo solamente nella tribù selvaggia di indigeni che vuole divorarli brutalmente, ma anche in misteriosi esseri dall'aspetto deforme che vagano sull'isola e sembrano spaventare anche gli stessi autoctoni.
Questi zombi, anch'essi mangiatori di uomini, sono però il prodotto di una mente umana tanto pazza quanto brillante, che ha trovato il modo, in anni di esperimenti fatti sugli indigeni autoctoni, per trapiantare il cervello da un corpo ad un altro. L'esimio professore, ossessionato come molti dall'idea di rendere la vita eterna, o quanto meno prolungarla quanto più possibile, sembra non fare i conti con l'evidente realtà e la mostruosità dei suoi prodotti finali, dai quali sarà infine catturato e sbranato vivo. Il film non è nulla di eclatante, nè particolarmente originale o degno di nota, ma in un periodo in cui i morti viventi invadevano le sale cinamatografiche, de Agelis vuole darne una visione diversa, una collocazione precisa e una spiegazione "scientifica" alla loro presenza. 
Nel film non mancano scene splatter, ai giorni d'oggi spudoratamente irreali e finte, ma che all'epoca dovettero fare molta impressione e scalpore. Così come non mancano i soliti nudi, in particolare il classico rito sacrificale della bella donna legata senza indumenti e pronta per essere penetrata dalla lama del coltello e poi mangiata. 

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