mercoledì 30 novembre 2011

Quasi quasi mi apro un Hard Blog

VM 18
In linea con la cultura del Cannibal Movie sto guardando alcuni dei primi prodotti cinematografici del genere; prodotti che inaugurano un filone misto del cinema, dove horror, thriller, erotico, porno ed esotico si miscelano in un bel niente. 
Padre di questo miscuglio può dirsi il regista Joe D'Amato. Il prolifico regista ci interessa per il suo periodo erotico-avventusoro-horrorifico, quando nel 1976 prende in mano la serie "Emanuelle nera" facendola diventare un successo del cinema hard
Emanuelle nera, Orient reportage

Ispirata ad una serie francese a sua volta tratta da un romanzo erotico del 1967, l'Emanuelle nera (con una sola M a differenza di quella d'oltralpe) non ha solo avventure legate al sesso, ma nei suoi 5 episodi diretti da D'Amato (dal secondo al sesto su un totale di 8) si trova a sventare giri di prostituzione e tratte di schiave, a denunciare la violenza sulle donne e a salvare un'amica dai cannibali.
"Emanuelle e gli ultimi cannibali" (1977) è il quarto titolo diretto da Joe, e inserisce la vena horror con questa tribù di ultimi cannibali in Amazzonia, che torturano, sventrano, mangiano e sacrificano sia uomini che donne. 
Emanuelle e gli ultimi cannibali (1977)

Molto interessante è anche "Emanuelle in America" (1976) per i contenuti piuttosto forti sia sul campo del porno sia sul campo dell'horror. Nel secondo caso (che è quello che interessa a noi maniaci dell'horror e non sessuali) le scene snuff di alcune donne torturate, stuprate ed uccise sono valse al regista una bel sequestro della pellicola e censura dal Tribunale di Avellino. Il punto è che Joe voleva non solo rendere la pellicola quanto di più vicino ad uno snuff movie, ma farla passare per tale, facendo credere al pubblico che quelle scene fossero reali e riprese dal vivo. 
Emanuelle in America (1976), scena snuff
 
Discutibili o meno i temi, e piacevole o meno la contaminazione dei generi, queste pellicole nonostante la forte critica negativa hanno riscosso successo nel pubblico e con il tempo sono diventate icone classiche.

venerdì 25 novembre 2011

Hatchet VS Drag me to Hell: e io vengo punita con Franklyn!

Ho dovuto aspettare qualche giorno prima di poter scrivere questo post, mi ci è voluto un po' per riprendermi da un brutto scherzo che mi ha tirato una "cara" amica. La vendetta è un piatto che va servito freddo, ma far passare mesi per punirmi per un mio (personalissimo) giudizio cinematografico mi sembra eccessivo. 
"Drag me to Hell"

Solo perchè ho provato a dire che "Drag me to Hell" è stato peggio di "Hatchet" (di cui, Ommiodio hanno osato anche fare il sequel) ho suscitato l'ira funesta di questa "cara" ragazza. Fidandomi ciecamente del suo giudizio horrorifico in materia di film ho subito scaricato su suo generoso consiglio "Franklyn"
Ignara di cosa fosse, ma fiduciosa come una bimbetta, ho subito provveduto a procurarmi il suddetto lungometraggio e a guardarlo (cioè, questione di 24 ore). 
Un attimo di pausa per prendere un profondo respiro e dirvi che non ho nulla contro il Fanta-Thriller (e questo di Fanta non ha proprio niente), e che magari a tanta altra gente quel film è piaciuto e piacerà; ho letto (troppo tardi) diverse recensioni, alcune anche molto positive, ma vi prego non venitemi a dire che è un thriller, perchè ho sbadigliato di più durante la visione del film che il 1 gennario dopo l'intera notte sveglia. E' uno dei film più noiosi, inutili, banali e patetici che abbia mai visto. 

Si presenta con un biglietto da visita niente male, che ricorda un po' "V per Vendetta" o addirittura "Blade Runner" per le atmosfere cupe e futuristiche della città di mezzo o per il modo di raccontare del personaggio principale, ma la curiosità iniziale lascia presto il posto alla confusione e alla noia, e la noia lascia definitivamente il posto ad un finale sdolcinato, inconcludente, stupido e banale. L'abbiamo già visto e rivisto questo "colpo di scena", tanto che ormai è tutto tranne che originale! 
Ora, a questa "cara" amica (a cui dedico questo post con affetto immenso) che mi ha giocato questo brutto tiro, non devo come minimo regalare i biglietti dell'anteprima di Hatchet 3? Eh sì amici miei, perchè si parla di un 3, a quanto pare i primi due hanno venduto parecchio, forse per il loro lato comico... Speriamo quindi di farci qualche altra risata! 

Hatchet (tutto per te)


martedì 22 novembre 2011

Il blog dalle finestre che ridono

Arte e religione sono un connubio macabro destinato ad avere un successo enorme nei secoli. Cosa credete, che prima della nascita del cinema o della letteratura horror questo genere non esistesse?
Dimenticate forse i riti magici con sacrifici di sangue delle tribù tribali? O la lunga sfilza di racconti popolari tramandati di generazione in generazione per terrorizzare i bambini e suscitare muto rispetto negli adulti? Ma sicuramente le nozze perfette sono state quelle tra l'arte e la religione cristiana.
Caravaggio, La decollazione del Battista

A partire dalle enormi cattedrali in pietra con scene di mostri infernali scolpite nei capitelli, per passare ad affreschi con intere storie di martiri, crocefissi, scene del Vecchio e Nuovo Testamento che i pittori facevano a gara a rendere quanto più verosimili e impressionanti possibile. L'arte si è alimentata del macabro che le veniva dalla religione, dalle guerre, dai fatti quotidiani.
E' probabilmente su questa linea che si è mosso Pupi Avati nel 1976 quando ha realizzato un thriller/horror che poi è diventato un cult del genere: "La casa dalle finestre che ridono".

Dopo lo spaccato sull'Italia del sud con gli omicidi di Accendura, mi sembrava equo citare la follia e l'omertà di un paese in provincia di Ferrara, dove si ambienta la storia ricca di suspance ma ai limiti del possibile di Avati. La maestria del regista ha fatto sì che questa vicenda, per quanto inverosimile rispetto all'altra citata, tenesse lo spettatore incollato allo schermo fino alla fine, dove si snoda un epilogo degno della storia ingarbugliata e complessa con un colpo di scena che scuote anche il più critico appassionato di horror. Senza contare che il finale, se tale si può chiamare, è lasciato allo spettatore stesso, dando quel tocco di originalità in più.
La storia ha come centro di tutto l'arte. Viene scoperto un affresco in una chiesa, di un pittore locale morto, il pittore delle agonie, così chiamato perchè aveva l'abitudine di ritrarre soggetti in punto di morte.

A restaurare il dipinto c'è un uomo esterno alla comunità di paese, chiamato su raccomandazione di un amico con vistosi problemi di esaurimento nervoso e paranoia. Il restauratore si troverà a dover sbrogliare una fitta rete di misteri, senza trovare appoggio negli abitanti del luogo, che omertosi gli rifiutano persino aiuto mentre questi è in fin di vita. Il pittore della agonie, con l'aiuto delle due sorelle, ritrae dal vivo prima cadaveri, poi malati terminali ed infine gli omicidi stessi delle due donne, che per amore del fratellino e dell'arte stessa vogliono rendergli i modelli sempre più realistici.
Il giorno stesso in cui ho visto questo film una mia collega mi ha postato su Facebook un articolo su un'"artista" che uccide gli animali in nome dell'arte, chiedendomi cosa ne pensassi.
Bèh, cosa posso dire? La storia si ripete e ciò che guardiamo nei film spesso e volentieri è meno peggio di ciò che ci circonda nella realtà.
Ps. Perdonatemi la vena da critica moralista

lunedì 21 novembre 2011

Non si sevizia un paperino

"Non si sevizia un Paperino", 1972, regia di Lucio Fulci.
Preparatevi ad una grande rivelazione... Sono ignorante! Eh sì, ma parecchio ignorante anche in ciò che amo e in ciò di cui scrivo. Non conoscevo e non avevo visto questo film fino a ieri. Mi è stato suggerito dal mio conoscente "cannibale" e in una domenica pomeriggio di apatica noia mi sono decisa a vederlo. 
Da brava ignorante mi piace guardare tutto con occhio vergine, senza andare a ricercare scheda del film, regista, anno di produzione e trama. E' un'esperienza che consiglio a tutti, sarete come bambini che si sorprendono di mille meraviglie e non vi lascerete influenzare da altro che dal vostro piacere. Ed ora mi sento ancora così, sorpresa da mille meraviglie, tanto da non riuscire a prendere un inizio per questo post, tanto da non riuscire a condividere con voi altri questa sensazione. 
Se dovessi descrivervi questo film con un solo aggettivo direi che è conturbante. E devono averlo pensato anche gli addetti alla censura, che vietarono la visione ai minori di 18 anni per le scene esplicite di morbosa e malata sessualità, tra cui quella di una bellissima e nudissima Barbara Bouchet (Patrizia, la ricca "straniera") che "seduce" verbalmente un bambino. Scena che tra l'altro costò una denuncia a Fulci.


venerdì 18 novembre 2011

Cannibalismo: una digressione sul sesso.

Qualche tempo fa ho avuto a cena un collega di mio padre, folle amante della carne cruda. Prima di conoscerlo e vederlo mangiare (noi la carne gliel'abbiamo servita cotta a dire il vero) ho sentito le più stravaganti storie su di lui. Tra una chiacchiera e l'altra abbiamo siamo finiti a parlare di horror e mi sono fatta consigliare qualche film (titoli che mi sto procurando)... la sua passione tendenzialmente splatter per un certo genere mi ha dirottata sui cannibal movie, un filone -mi sono sorpresa della scoperta- la cui nascita vanta una paternità tutta italiana.
A metà dei gloriosi anni 70 Umberto Lenzi pensò di trasformare l'ambientazione tipicamente gotica e notturna degli horror e portare il terrore alla luce del sole, in esotici ed incontaminati paesaggi. 
Legati indossolubilmente tra loro ci sono tre elementi che caratterizzano questo genere e ne fanno la sua fortuna in quegli anni e a venire: il sesso, la violenza sugli animali, la scoperta finale che le persone civilizzate sono più selvagge dei cannibali.
Soprattutto per i primi due motivi moltissimi di questi film furono censurati o addirittura banditi per anni dalle sale cinematografiche e ovviamente dalla tv, sia in Italia che in altri Paesi. 
Ciò che più mi ha incuriosita e indotta a riflettere non è stata tanto la palese violenza sugli animali, che inserisce questi film anche nel filone snuff (non è mancanza di sensibilità la mia, questo blog e chi lo gestisce sono assolutamente contrari alla violenza su qualsiasi essere vivente; ma purtroppo non scandalizza che ancora oggi per fare "buoni" film si perpetuino violenze sugli animali. "Baaria" e "Come l'acqua per gli elefanti" sono solo due esempi più recenti.), ciò che ha attirato la mia curiosità è il rapporto con il sesso. Scene erotiche piuttosto esplicite, che per quegli anni potevano essere una novità, sono state inserite in un genere cinematografico che sembra non averci nulla a che fare.
La verità è che l'horror e il sesso hanno sempre avuto questo rapporto intrinseco e mistico, sottile ma non troppo! L'atto di mordere il collo di giovani vergini da parte dei vampiri, sadici pugnalatori che sventrano giovani sventurate, Jack che squarta le prostitute, i cannibali che si cibano di seducenti donne, sono tutti impulsi repellenti e malati quanto primordiali e selvaggi che sostituiscono la penetrazione, la violenza sessuale, l'unione totale di due corpi.
La domanda che ci si pone di conseguenza è: perchè queste scene ci provocano repulsione ma ne siamo incredibilmente attratti?

giovedì 29 settembre 2011

Eco Blog, un OT per piantare un albero

Oggi spendiamo due parole su un tema molto caro, l'ecologia
La madre terra non è esattamente al top della sua forma, anzi, direi proprio che è in pessimo stato e di tanto in tanto ci vomita addosso catastrofi e maremoti che poi fanno avvenire i migliori disastri umani, spunti di realtà horror fin troppo conosciute. Se proprio non vogliamo tornare indietro nel tempo a Chernobyl o alle primissime sperimentazioni della bomba atomica nel deserto del New Mexico (ispirazione del discutibile "Le colline hanno gli occhi" e sequel) ci basti il recentissimo disastro nucleare di Fukushima
Insomma, il pianeta non sta messo bene, e sta a noi ricambiare qualche favore che la madre terra ha fatto all'Homo sapiens sapiens negli ultimi duecento mila anni. 
Lo sapevate che mediamente il vostro blog (e anceh il mio) produce all'anno 3,6 kg di  CO2? Cosa ne direste di smetterla di inquinare, magari mettendo in pari le cose e piantando un albero... C'è un progetto avviato da Doveconviene.it e sviluppato in associazione con il iplantartree.org, che pianta un albero per ogni blogger aderente all'iniziativa. La zona attualmente in fase di riforestazione si trova in Germania e necessita di 27mila alberelli. 
Ogni anno un albero assorbe dai 5 ai 10 kg di Anidride Carbonica, quindi cari colleghi siamo più che coperti. E il tutto non ci costerà nulla se non qualche minuto del nostro tempo per informare tutti di questa iniziativa. 



Doveconviene.it raccoglie e digitalizza i volantini promozionali di molte catene commerciali ( Unieuro, Leroy Merlin, Ikea solo per citarne alcune), permettendo all' utente di avere tutte le informazioni sempre e ovunque a disposizione; se ad esempio volete conoscete gli orari Mediaworld basta accedere al sito per avere tutte le informazioni cercate. Questo fa risparmiare miliardi di volantini in carta.
E se avete un palmare, uno smartphone, un iPhone, ci sono applicazioni anche per quello, che vi terranno sempre aggiornati sulle iniziative e sui prodotti.
Per maggiori dettagli sui progetti di riforestazione visita questo sito.

Insomma amici, riciclate, non consumate più energia di quanta non serva, cercate di inquinare poco e piantate alberi!
Io l'ho appena fatto, il mio blog è eco-friendly!

martedì 30 agosto 2011

Al Lettore da Charles

"La stoltezza, l'errore, il peccato, l'avarizia, abitano i nostri spiriti e agitano i nostri corpi; noi nutriamo amabili rimorsi come i mendicanti alimentano i loro insetti.

I nostri peccati sono testardi, vili i nostri pentimenti; ci facciamo pagare lautamente le nostre confessioni e ritorniamo gai pel sentiero melmoso, convinti d'aver lavato con lagrime miserevoli tutte le nostre macchie.

È Satana Trismegisto che culla a lungo sul cuscino del male il nostro spirito stregato, svaporando, dotto chimico, il ricco metallo della nostra volontà.

Il Diavolo regge i fili che ci muovono! Gli oggetti ripugnanti ci affascinano; ogni giorno discendiamo d'un passo verso l'Inferno, senza provare orrore, attraversando tenebre mefitiche.

Come un vizioso povero che bacia e tetta il seno martoriato d'un'antica puttana, noi al volo rubiamo un piacere clandestino e lo spremiamo con forza, quasi fosse una vecchia arancia.

Serrato, brulicante come un milione di vermi, un popolo di demoni gavazza nei nostri cervelli, e quando respiriamo, la morte ci scende nei polmoni quale un fiume invisibile dai cupi lamenti.

Se lo stupro, il veleno, il pugnale, l'incendio, non hanno ancora ricamato con le loro forme piacevoli il canovaccio banale dei nostri miseri destini, è perché non abbiamo, ahimé, un'anima sufficientemente ardita.

Ma in mezzo agli sciacalli, le pantere, le cagne, le scimmie, gli scorpioni, gli avvoltoi, i serpenti, fra i mostri che guaiscono, urlano, grugniscono entro il serraglio infame dei nostri vizi, uno ve n'è, più laido, più cattivo, più immondo. Sebbene non faccia grandi gesti, né lanci acute strida, ridurrebbe volentieri la terra a una rovina e in un solo sbadiglio ingoierebbe il mondo.

È la Noia! L'occhio gravato da una lagrima involontaria, sogna patiboli fumando la sua pipa. Tu lo conosci, lettore, questo mostro delicato - tu, ipocrita lettore - mio simile e fratello!"


Charles Baudlaire, Al lettore, da "I Fiori del Male"


martedì 23 agosto 2011

Gooble Gobble, one of us: Freaks!

"Gooble Gobble, we accept her, one of us, one of us!"


Una frase ripresa in molti film, cartoni animati e parodie. Uno di noi, uno di noi...
Nel 1932 di certo quel film, "Freaks", fece scalpore e orrore tanto che la versione originale fu tagliata nelle sue scene più cruente dallo stesso Tod Browning, il regista. La visione integrale di 90 minuti, distrutta per sempre purtroppo, lasciò posto a quella di 64 minuti non meno controversa e bandita dalle sale di tutta Europa.
"Freaks" è una di quelle produzioni cinematografiche di per sè piene di mistero. Sarà perchè era il lontano 1932, sarà perchè il cast era composto da veri freaks, sarà perchè il regista smise di produrre dopo questo (in)successo, sarà per la censura o per l'aborto spontaneo di una donna in sala proiezione (così si racconta), ma questo capolavoro resta a pieno titolo negli horror migliori di tutti i tempi.

L'intenzione di Tod era quella di realizzare un film dell'orrore, per risollevare le sorti economiche della compagnia Metro-Goldwyn-Mayer, ma la stessa compagnia lo rinnegò alla sua uscita.
Della trama forse poco importa, è delle più antiche ma non per questo banali della storia. Amori, tradimenti, donne che fanno il doppio gioco per ottenere denaro, vendetta. Il punto è che quando la vendetta viene da una "famiglia" di freaks, di "mostri", non può essere semplice. Meno che mai quando costoro sono stati offesi nel profondo da chi si credeva migliore e "normale". La sorte che tocca a Cleopatra, la bella donna che sposa il nano solo per i suoi soldi, è delle peggiori: ridotta a ciò che lei odiava più di ogni altra cosa, ridotta ad un freak ed esposta come fenomeno da baraccone.
Senza usare pietà o compassione, senza analizzare sociologicamente le condizioni dei protagonisti del film, il regista riesce comunque ad andare al di là del semplice horror, ponendo l'accento sull'opposizione tra "normale" e "diverso", tra "umano" e "mostruoso". Ciò che colpisce non è il fatto che i mostri in realtà siano coloro che volevano uccidere il nano Hans per rubargli l'eredità, ciò che colpisce è la sincera amicizia fraterna che unisce i freaks nel bene (quando sono pronti ad accettare Cleopatra come una di loro perchè ha sposato Hans) e nel male (quando scoperte le reali intenzioni della donna la inseguono e la riducono ad un essere inguardabile).


La verità, cari amici, è che siamo tutti dei freaks, dei mostri, dei diversi... ognuno a suo modo! In questo blog siamo macabri appassionati di mostruosi orrori, siamo quelli che rallentano agli incidenti d'auto, siamo quelli che vogliono toccare con mano il cadavere sotto al lenzuolo, e per questo vi accettiamo.
Uno di noi!  

domenica 21 agosto 2011

Parliamo della Paura (Parte II)

Parliamo, voi ed io. Parliamo della paura.
[...] Davanti ad un racconto dell'orrore non riusciamo a credere realmente a quello che leggiamo. Non crediamo nei vampiri, nei lupi mannari, nei camion che improvvisamente si mettono in moto e si guidano da soli. Gli orrori a cui tutti crediamo sono l'odio, l'alienazione, la vecchiaia senza amore, l'avanzare in un mondo ostile sulle gambe malferme dell'adolescenza.
[...] Negli anni 50 c'è stata una tremenda ondata di film su insetti giganti: Them, The beginning of the end, La mantide religiosa e così via. Quasi immancabilmente, man mano che il film si svolgeva, scoprivamo che quegli orrendi e giganteschi esseri erano i risultati di esperimenti sulla bomba A fatti nel New Mexico, o su atolli deserti del Pacifico. Presi insieme, i film sugli insetti giganti, formano innegabilmente uno schema, l'inquieta raffigurazione del terrore di un intero Paese davanti all'era nuova iniziata con il progetto Manhattan. Più tardi, verso la fine degli anni cinquanta, c'è stato il ciclo di film dell'orrore sugli "adolescenti", a cominciare da I was a ten-age Werewolf fino a film epici come Ten-Agers from outer space e The Blob. In un'epoca in cui ogni rotocalco conteneva settimanalmente almeno un articolo sulla crescente marea della delinquenza minorile, quei film esprimevano l'inquietudine di un intero paese per la rivoluzione giovanile già allora in fermento. Agli stessi adolescenti i mostri generati negli studi cinematografici davano la possibilità di vedere qualcuno anche più brutto di come loro stessi si sentivano. Quello stesso ciclo esprimeva inoltre la sensazione propria degli adolescenti di essere ingiustamente umiliati ed angariati dai genitori che "non capivano".
[...] Ma non è stato così perchè autori del copione, produttori e registi volevano che così fosse: è accaduto perchè il racconto dell'orrore vive per sua natura nel punto di congiunzione tra il conscio e il subconscio, il luogo dove immagine e allegoria vengono alla mente nel modo più naturale e con l'effetto più straordinario.
Stephen King
27 febbraio 1977
brano tratto dalla prefazione alla raccolta di racconti sotto il titolo italiano "A volte ritornano"

sabato 20 agosto 2011

Parliamo della paura (parte I)

Parliamo, voi e io. Parliamo della paura.
[...] Non alzeremo la voce e non ci metteremo a urlare. Parleremo razionalmente. Voi e io. Parleremo del modo in cui il solido tessuto delle cose si disfa, a volte, con una subitaneità che ci lascia scossi. La sera, quando mi corico, sento ancora il bisogno di assicurarmi che le mie gambe siano sotto le coperte, una volta spenta la luce. Non sono più un bambino ma... non mi va di dormire con una gamba che sporge dal letto. Perchè se una mano gelida si protendesse per caso da sotto il letto ad afferrarmi la caviglia potrei anche urlare. Sì, potrei cacciare un urlo da svegliare i morti. Sono cose che non succedono naturalmente, e lo sappiamo tutti.
[...]A volte, quando parlo a gruppi di persone che sono interessate allo scrivere o alla letteratura, prima che lo scambio di domande e risposte sia terminato, c'è sempre chi fa questa domanda: perchè ha scelto di scrivere su argomenti così macabri? Di solito, rispondo con un'altra domanda: pensa forse che io abbia una possibilità di scelta?
[...] Una volta esaurito il problema del perchè scrivi questa roba, sorge la domanda successiva: perchè la gente legge roba simile?
[...] Penso che la spiegazione di questo fenomeno si trovi in un paio di righe di una critica cinematografica apparsa su una rivista. Era la recensione di un film dell'orrore piuttosto scadente , e diceva più o meno così: "...un film meraviglioso per la gente alla quale piace rallentare e guardare gli incidenti d'auto".
È una buona battuta, molto secca; ma, se ci si riflette per un momento, vale per tutti i film e i racconti dell'orrore. The night of living dead, con le sue macabre scene di cannibalismo e di matricidio, era certamente un film che piaceva a chi rallenta e guarda gli incidenti di macchina.
[...] La grande letteratura del soprannaturale contiene spesso la stessa sindrome del "rallentiamo e guardiamo l'incidente".
[...] La verità (e la maggior parte di noi lo sa, in cuor suo) è che sono pochissimi quelli che possono astenersi dallo sbirciare, con un senso di disagio, i rottami illuminati dai riflettori e attorniati dalle macchine della polizia che appaiono all'improvviso sull'autostrada, dal buio.

[...] La paura è lo stato d'animo che ci acceca. Di quante cose abbiamo paura? Abbiamo paura di spegnere la luce con le mani bagnate. Abbiamo paura di ficcare un coltello nel tostapane per tirare fuori la fetta che è rimasta incastrata senza prima togliere la spina. Abbiamo paura di quello che può dirci il medico quando la visita è finita; o quando l'aereo precipita improvvisamente in un vuoto d'aria.

[...] La paura ci rende ciechi e noi tocchiamo ciascuna paura con l'avida curiosità dell'interesse personale, cercando di ricavare un intero da cento parti. Captiamo la forma. La forma è là, e tutti prima o poi arriviamo a comprendere che cosa è: è la forma di un cadavere sotto a un lenzuolo. Tutte le nostre paure assomigliano a una sola grande paura, fanno tutte parte di quell'unica paura. Abbiamo paura del cadavere sotto al lenzuolo. È il nostro cadavere. E il grande significato della narrativa dell'orrore, in tutte le epoche, è che essa serve da prova generale per la nostra morte.
Stephen King,
27 febbraio 1977
brano tratto dalla prefazione alla raccolta di racconti sotto il titolo italiano "A volte ritornano"

giovedì 21 luglio 2011

Horror "Comico": cosa è cambiato dal 1896?

Vi siete mai chiesti agli albori del cinema horror cosa ci fosse?
Qual'è il primo film horror della storia?
A detta del nostro amico Google e grazie ai bravi utenti che aggiornano Wikipedia pare che sia una produzione francese, "Le manoir du diable", un "cortometraggio" muto e in bianco e nero di soli 3 minuti. Lo scopo del regista, Georges Méliès, difficilmente doveva essere quello di spaventare il suo pubblico, e se quello era l'intento deve aver miseramente fallito per quanto nel lontano 1896 gli spettatori dovessero essere più impressionabili di adesso. La pantomima, espressione principale del film muto, è grottesca, goffa, impacciata e tipicamente comica. La sorpresa che leggiamo nei volti dei due gentiluomini nel castello all'apparizione e sparizione dei vari personaggi è solo divertente e disorienta chi si aspetta da un'ambientazione gotica una trama del tutto diversa.
Tutt'altra cosa i bei film che vediamo adesso noi appassionati di questo genere, vero? L'horror "comico" fa parte dei passati errori di registi privi di tecnologia ed effetti speciali, vero?
Bèh, non ne sono proprio convinta! Gli effetti speciali che ci propinano oggi sono sufficienti a colmare la carenza di certe trame ripetitve ed insipite? Masse di adolescenti celebrolesi che si lasciano massacrare dall' assassino di turno, serial killers che sono geni dell'ingegneria meccanica e non hanno di meglio da fare che escogitare trappole mortali sempre più complesse, energumeni in maschera che non muoiono nemmeno se gli esplode una bomba nel taschino della camicia, saghe che durano 8 episodi rovinando anche la migliore trama. E questo è nulla...
Per ora godetevi il micro-film che ha dato il via al genere horror al cinema.



Parliamo un minuto di cose serie e ricordiamo che i primi film si ispirano ai racconti e alla narrativa e la prima storia di ambientazione gotica è "Il castello di Otranto" di Horace Walpole, del 1764.