domenica 21 agosto 2011

Parliamo della Paura (Parte II)

Parliamo, voi ed io. Parliamo della paura.
[...] Davanti ad un racconto dell'orrore non riusciamo a credere realmente a quello che leggiamo. Non crediamo nei vampiri, nei lupi mannari, nei camion che improvvisamente si mettono in moto e si guidano da soli. Gli orrori a cui tutti crediamo sono l'odio, l'alienazione, la vecchiaia senza amore, l'avanzare in un mondo ostile sulle gambe malferme dell'adolescenza.
[...] Negli anni 50 c'è stata una tremenda ondata di film su insetti giganti: Them, The beginning of the end, La mantide religiosa e così via. Quasi immancabilmente, man mano che il film si svolgeva, scoprivamo che quegli orrendi e giganteschi esseri erano i risultati di esperimenti sulla bomba A fatti nel New Mexico, o su atolli deserti del Pacifico. Presi insieme, i film sugli insetti giganti, formano innegabilmente uno schema, l'inquieta raffigurazione del terrore di un intero Paese davanti all'era nuova iniziata con il progetto Manhattan. Più tardi, verso la fine degli anni cinquanta, c'è stato il ciclo di film dell'orrore sugli "adolescenti", a cominciare da I was a ten-age Werewolf fino a film epici come Ten-Agers from outer space e The Blob. In un'epoca in cui ogni rotocalco conteneva settimanalmente almeno un articolo sulla crescente marea della delinquenza minorile, quei film esprimevano l'inquietudine di un intero paese per la rivoluzione giovanile già allora in fermento. Agli stessi adolescenti i mostri generati negli studi cinematografici davano la possibilità di vedere qualcuno anche più brutto di come loro stessi si sentivano. Quello stesso ciclo esprimeva inoltre la sensazione propria degli adolescenti di essere ingiustamente umiliati ed angariati dai genitori che "non capivano".
[...] Ma non è stato così perchè autori del copione, produttori e registi volevano che così fosse: è accaduto perchè il racconto dell'orrore vive per sua natura nel punto di congiunzione tra il conscio e il subconscio, il luogo dove immagine e allegoria vengono alla mente nel modo più naturale e con l'effetto più straordinario.
Stephen King
27 febbraio 1977
brano tratto dalla prefazione alla raccolta di racconti sotto il titolo italiano "A volte ritornano"

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