martedì 30 agosto 2011

Al Lettore da Charles

"La stoltezza, l'errore, il peccato, l'avarizia, abitano i nostri spiriti e agitano i nostri corpi; noi nutriamo amabili rimorsi come i mendicanti alimentano i loro insetti.

I nostri peccati sono testardi, vili i nostri pentimenti; ci facciamo pagare lautamente le nostre confessioni e ritorniamo gai pel sentiero melmoso, convinti d'aver lavato con lagrime miserevoli tutte le nostre macchie.

È Satana Trismegisto che culla a lungo sul cuscino del male il nostro spirito stregato, svaporando, dotto chimico, il ricco metallo della nostra volontà.

Il Diavolo regge i fili che ci muovono! Gli oggetti ripugnanti ci affascinano; ogni giorno discendiamo d'un passo verso l'Inferno, senza provare orrore, attraversando tenebre mefitiche.

Come un vizioso povero che bacia e tetta il seno martoriato d'un'antica puttana, noi al volo rubiamo un piacere clandestino e lo spremiamo con forza, quasi fosse una vecchia arancia.

Serrato, brulicante come un milione di vermi, un popolo di demoni gavazza nei nostri cervelli, e quando respiriamo, la morte ci scende nei polmoni quale un fiume invisibile dai cupi lamenti.

Se lo stupro, il veleno, il pugnale, l'incendio, non hanno ancora ricamato con le loro forme piacevoli il canovaccio banale dei nostri miseri destini, è perché non abbiamo, ahimé, un'anima sufficientemente ardita.

Ma in mezzo agli sciacalli, le pantere, le cagne, le scimmie, gli scorpioni, gli avvoltoi, i serpenti, fra i mostri che guaiscono, urlano, grugniscono entro il serraglio infame dei nostri vizi, uno ve n'è, più laido, più cattivo, più immondo. Sebbene non faccia grandi gesti, né lanci acute strida, ridurrebbe volentieri la terra a una rovina e in un solo sbadiglio ingoierebbe il mondo.

È la Noia! L'occhio gravato da una lagrima involontaria, sogna patiboli fumando la sua pipa. Tu lo conosci, lettore, questo mostro delicato - tu, ipocrita lettore - mio simile e fratello!"


Charles Baudlaire, Al lettore, da "I Fiori del Male"


martedì 23 agosto 2011

Gooble Gobble, one of us: Freaks!

"Gooble Gobble, we accept her, one of us, one of us!"


Una frase ripresa in molti film, cartoni animati e parodie. Uno di noi, uno di noi...
Nel 1932 di certo quel film, "Freaks", fece scalpore e orrore tanto che la versione originale fu tagliata nelle sue scene più cruente dallo stesso Tod Browning, il regista. La visione integrale di 90 minuti, distrutta per sempre purtroppo, lasciò posto a quella di 64 minuti non meno controversa e bandita dalle sale di tutta Europa.
"Freaks" è una di quelle produzioni cinematografiche di per sè piene di mistero. Sarà perchè era il lontano 1932, sarà perchè il cast era composto da veri freaks, sarà perchè il regista smise di produrre dopo questo (in)successo, sarà per la censura o per l'aborto spontaneo di una donna in sala proiezione (così si racconta), ma questo capolavoro resta a pieno titolo negli horror migliori di tutti i tempi.

L'intenzione di Tod era quella di realizzare un film dell'orrore, per risollevare le sorti economiche della compagnia Metro-Goldwyn-Mayer, ma la stessa compagnia lo rinnegò alla sua uscita.
Della trama forse poco importa, è delle più antiche ma non per questo banali della storia. Amori, tradimenti, donne che fanno il doppio gioco per ottenere denaro, vendetta. Il punto è che quando la vendetta viene da una "famiglia" di freaks, di "mostri", non può essere semplice. Meno che mai quando costoro sono stati offesi nel profondo da chi si credeva migliore e "normale". La sorte che tocca a Cleopatra, la bella donna che sposa il nano solo per i suoi soldi, è delle peggiori: ridotta a ciò che lei odiava più di ogni altra cosa, ridotta ad un freak ed esposta come fenomeno da baraccone.
Senza usare pietà o compassione, senza analizzare sociologicamente le condizioni dei protagonisti del film, il regista riesce comunque ad andare al di là del semplice horror, ponendo l'accento sull'opposizione tra "normale" e "diverso", tra "umano" e "mostruoso". Ciò che colpisce non è il fatto che i mostri in realtà siano coloro che volevano uccidere il nano Hans per rubargli l'eredità, ciò che colpisce è la sincera amicizia fraterna che unisce i freaks nel bene (quando sono pronti ad accettare Cleopatra come una di loro perchè ha sposato Hans) e nel male (quando scoperte le reali intenzioni della donna la inseguono e la riducono ad un essere inguardabile).


La verità, cari amici, è che siamo tutti dei freaks, dei mostri, dei diversi... ognuno a suo modo! In questo blog siamo macabri appassionati di mostruosi orrori, siamo quelli che rallentano agli incidenti d'auto, siamo quelli che vogliono toccare con mano il cadavere sotto al lenzuolo, e per questo vi accettiamo.
Uno di noi!  

domenica 21 agosto 2011

Parliamo della Paura (Parte II)

Parliamo, voi ed io. Parliamo della paura.
[...] Davanti ad un racconto dell'orrore non riusciamo a credere realmente a quello che leggiamo. Non crediamo nei vampiri, nei lupi mannari, nei camion che improvvisamente si mettono in moto e si guidano da soli. Gli orrori a cui tutti crediamo sono l'odio, l'alienazione, la vecchiaia senza amore, l'avanzare in un mondo ostile sulle gambe malferme dell'adolescenza.
[...] Negli anni 50 c'è stata una tremenda ondata di film su insetti giganti: Them, The beginning of the end, La mantide religiosa e così via. Quasi immancabilmente, man mano che il film si svolgeva, scoprivamo che quegli orrendi e giganteschi esseri erano i risultati di esperimenti sulla bomba A fatti nel New Mexico, o su atolli deserti del Pacifico. Presi insieme, i film sugli insetti giganti, formano innegabilmente uno schema, l'inquieta raffigurazione del terrore di un intero Paese davanti all'era nuova iniziata con il progetto Manhattan. Più tardi, verso la fine degli anni cinquanta, c'è stato il ciclo di film dell'orrore sugli "adolescenti", a cominciare da I was a ten-age Werewolf fino a film epici come Ten-Agers from outer space e The Blob. In un'epoca in cui ogni rotocalco conteneva settimanalmente almeno un articolo sulla crescente marea della delinquenza minorile, quei film esprimevano l'inquietudine di un intero paese per la rivoluzione giovanile già allora in fermento. Agli stessi adolescenti i mostri generati negli studi cinematografici davano la possibilità di vedere qualcuno anche più brutto di come loro stessi si sentivano. Quello stesso ciclo esprimeva inoltre la sensazione propria degli adolescenti di essere ingiustamente umiliati ed angariati dai genitori che "non capivano".
[...] Ma non è stato così perchè autori del copione, produttori e registi volevano che così fosse: è accaduto perchè il racconto dell'orrore vive per sua natura nel punto di congiunzione tra il conscio e il subconscio, il luogo dove immagine e allegoria vengono alla mente nel modo più naturale e con l'effetto più straordinario.
Stephen King
27 febbraio 1977
brano tratto dalla prefazione alla raccolta di racconti sotto il titolo italiano "A volte ritornano"

sabato 20 agosto 2011

Parliamo della paura (parte I)

Parliamo, voi e io. Parliamo della paura.
[...] Non alzeremo la voce e non ci metteremo a urlare. Parleremo razionalmente. Voi e io. Parleremo del modo in cui il solido tessuto delle cose si disfa, a volte, con una subitaneità che ci lascia scossi. La sera, quando mi corico, sento ancora il bisogno di assicurarmi che le mie gambe siano sotto le coperte, una volta spenta la luce. Non sono più un bambino ma... non mi va di dormire con una gamba che sporge dal letto. Perchè se una mano gelida si protendesse per caso da sotto il letto ad afferrarmi la caviglia potrei anche urlare. Sì, potrei cacciare un urlo da svegliare i morti. Sono cose che non succedono naturalmente, e lo sappiamo tutti.
[...]A volte, quando parlo a gruppi di persone che sono interessate allo scrivere o alla letteratura, prima che lo scambio di domande e risposte sia terminato, c'è sempre chi fa questa domanda: perchè ha scelto di scrivere su argomenti così macabri? Di solito, rispondo con un'altra domanda: pensa forse che io abbia una possibilità di scelta?
[...] Una volta esaurito il problema del perchè scrivi questa roba, sorge la domanda successiva: perchè la gente legge roba simile?
[...] Penso che la spiegazione di questo fenomeno si trovi in un paio di righe di una critica cinematografica apparsa su una rivista. Era la recensione di un film dell'orrore piuttosto scadente , e diceva più o meno così: "...un film meraviglioso per la gente alla quale piace rallentare e guardare gli incidenti d'auto".
È una buona battuta, molto secca; ma, se ci si riflette per un momento, vale per tutti i film e i racconti dell'orrore. The night of living dead, con le sue macabre scene di cannibalismo e di matricidio, era certamente un film che piaceva a chi rallenta e guarda gli incidenti di macchina.
[...] La grande letteratura del soprannaturale contiene spesso la stessa sindrome del "rallentiamo e guardiamo l'incidente".
[...] La verità (e la maggior parte di noi lo sa, in cuor suo) è che sono pochissimi quelli che possono astenersi dallo sbirciare, con un senso di disagio, i rottami illuminati dai riflettori e attorniati dalle macchine della polizia che appaiono all'improvviso sull'autostrada, dal buio.

[...] La paura è lo stato d'animo che ci acceca. Di quante cose abbiamo paura? Abbiamo paura di spegnere la luce con le mani bagnate. Abbiamo paura di ficcare un coltello nel tostapane per tirare fuori la fetta che è rimasta incastrata senza prima togliere la spina. Abbiamo paura di quello che può dirci il medico quando la visita è finita; o quando l'aereo precipita improvvisamente in un vuoto d'aria.

[...] La paura ci rende ciechi e noi tocchiamo ciascuna paura con l'avida curiosità dell'interesse personale, cercando di ricavare un intero da cento parti. Captiamo la forma. La forma è là, e tutti prima o poi arriviamo a comprendere che cosa è: è la forma di un cadavere sotto a un lenzuolo. Tutte le nostre paure assomigliano a una sola grande paura, fanno tutte parte di quell'unica paura. Abbiamo paura del cadavere sotto al lenzuolo. È il nostro cadavere. E il grande significato della narrativa dell'orrore, in tutte le epoche, è che essa serve da prova generale per la nostra morte.
Stephen King,
27 febbraio 1977
brano tratto dalla prefazione alla raccolta di racconti sotto il titolo italiano "A volte ritornano"