mercoledì 30 novembre 2011

Quasi quasi mi apro un Hard Blog

VM 18
In linea con la cultura del Cannibal Movie sto guardando alcuni dei primi prodotti cinematografici del genere; prodotti che inaugurano un filone misto del cinema, dove horror, thriller, erotico, porno ed esotico si miscelano in un bel niente. 
Padre di questo miscuglio può dirsi il regista Joe D'Amato. Il prolifico regista ci interessa per il suo periodo erotico-avventusoro-horrorifico, quando nel 1976 prende in mano la serie "Emanuelle nera" facendola diventare un successo del cinema hard
Emanuelle nera, Orient reportage

Ispirata ad una serie francese a sua volta tratta da un romanzo erotico del 1967, l'Emanuelle nera (con una sola M a differenza di quella d'oltralpe) non ha solo avventure legate al sesso, ma nei suoi 5 episodi diretti da D'Amato (dal secondo al sesto su un totale di 8) si trova a sventare giri di prostituzione e tratte di schiave, a denunciare la violenza sulle donne e a salvare un'amica dai cannibali.
"Emanuelle e gli ultimi cannibali" (1977) è il quarto titolo diretto da Joe, e inserisce la vena horror con questa tribù di ultimi cannibali in Amazzonia, che torturano, sventrano, mangiano e sacrificano sia uomini che donne. 
Emanuelle e gli ultimi cannibali (1977)

Molto interessante è anche "Emanuelle in America" (1976) per i contenuti piuttosto forti sia sul campo del porno sia sul campo dell'horror. Nel secondo caso (che è quello che interessa a noi maniaci dell'horror e non sessuali) le scene snuff di alcune donne torturate, stuprate ed uccise sono valse al regista una bel sequestro della pellicola e censura dal Tribunale di Avellino. Il punto è che Joe voleva non solo rendere la pellicola quanto di più vicino ad uno snuff movie, ma farla passare per tale, facendo credere al pubblico che quelle scene fossero reali e riprese dal vivo. 
Emanuelle in America (1976), scena snuff
 
Discutibili o meno i temi, e piacevole o meno la contaminazione dei generi, queste pellicole nonostante la forte critica negativa hanno riscosso successo nel pubblico e con il tempo sono diventate icone classiche.

venerdì 25 novembre 2011

Hatchet VS Drag me to Hell: e io vengo punita con Franklyn!

Ho dovuto aspettare qualche giorno prima di poter scrivere questo post, mi ci è voluto un po' per riprendermi da un brutto scherzo che mi ha tirato una "cara" amica. La vendetta è un piatto che va servito freddo, ma far passare mesi per punirmi per un mio (personalissimo) giudizio cinematografico mi sembra eccessivo. 
"Drag me to Hell"

Solo perchè ho provato a dire che "Drag me to Hell" è stato peggio di "Hatchet" (di cui, Ommiodio hanno osato anche fare il sequel) ho suscitato l'ira funesta di questa "cara" ragazza. Fidandomi ciecamente del suo giudizio horrorifico in materia di film ho subito scaricato su suo generoso consiglio "Franklyn"
Ignara di cosa fosse, ma fiduciosa come una bimbetta, ho subito provveduto a procurarmi il suddetto lungometraggio e a guardarlo (cioè, questione di 24 ore). 
Un attimo di pausa per prendere un profondo respiro e dirvi che non ho nulla contro il Fanta-Thriller (e questo di Fanta non ha proprio niente), e che magari a tanta altra gente quel film è piaciuto e piacerà; ho letto (troppo tardi) diverse recensioni, alcune anche molto positive, ma vi prego non venitemi a dire che è un thriller, perchè ho sbadigliato di più durante la visione del film che il 1 gennario dopo l'intera notte sveglia. E' uno dei film più noiosi, inutili, banali e patetici che abbia mai visto. 

Si presenta con un biglietto da visita niente male, che ricorda un po' "V per Vendetta" o addirittura "Blade Runner" per le atmosfere cupe e futuristiche della città di mezzo o per il modo di raccontare del personaggio principale, ma la curiosità iniziale lascia presto il posto alla confusione e alla noia, e la noia lascia definitivamente il posto ad un finale sdolcinato, inconcludente, stupido e banale. L'abbiamo già visto e rivisto questo "colpo di scena", tanto che ormai è tutto tranne che originale! 
Ora, a questa "cara" amica (a cui dedico questo post con affetto immenso) che mi ha giocato questo brutto tiro, non devo come minimo regalare i biglietti dell'anteprima di Hatchet 3? Eh sì amici miei, perchè si parla di un 3, a quanto pare i primi due hanno venduto parecchio, forse per il loro lato comico... Speriamo quindi di farci qualche altra risata! 

Hatchet (tutto per te)


martedì 22 novembre 2011

Il blog dalle finestre che ridono

Arte e religione sono un connubio macabro destinato ad avere un successo enorme nei secoli. Cosa credete, che prima della nascita del cinema o della letteratura horror questo genere non esistesse?
Dimenticate forse i riti magici con sacrifici di sangue delle tribù tribali? O la lunga sfilza di racconti popolari tramandati di generazione in generazione per terrorizzare i bambini e suscitare muto rispetto negli adulti? Ma sicuramente le nozze perfette sono state quelle tra l'arte e la religione cristiana.
Caravaggio, La decollazione del Battista

A partire dalle enormi cattedrali in pietra con scene di mostri infernali scolpite nei capitelli, per passare ad affreschi con intere storie di martiri, crocefissi, scene del Vecchio e Nuovo Testamento che i pittori facevano a gara a rendere quanto più verosimili e impressionanti possibile. L'arte si è alimentata del macabro che le veniva dalla religione, dalle guerre, dai fatti quotidiani.
E' probabilmente su questa linea che si è mosso Pupi Avati nel 1976 quando ha realizzato un thriller/horror che poi è diventato un cult del genere: "La casa dalle finestre che ridono".

Dopo lo spaccato sull'Italia del sud con gli omicidi di Accendura, mi sembrava equo citare la follia e l'omertà di un paese in provincia di Ferrara, dove si ambienta la storia ricca di suspance ma ai limiti del possibile di Avati. La maestria del regista ha fatto sì che questa vicenda, per quanto inverosimile rispetto all'altra citata, tenesse lo spettatore incollato allo schermo fino alla fine, dove si snoda un epilogo degno della storia ingarbugliata e complessa con un colpo di scena che scuote anche il più critico appassionato di horror. Senza contare che il finale, se tale si può chiamare, è lasciato allo spettatore stesso, dando quel tocco di originalità in più.
La storia ha come centro di tutto l'arte. Viene scoperto un affresco in una chiesa, di un pittore locale morto, il pittore delle agonie, così chiamato perchè aveva l'abitudine di ritrarre soggetti in punto di morte.

A restaurare il dipinto c'è un uomo esterno alla comunità di paese, chiamato su raccomandazione di un amico con vistosi problemi di esaurimento nervoso e paranoia. Il restauratore si troverà a dover sbrogliare una fitta rete di misteri, senza trovare appoggio negli abitanti del luogo, che omertosi gli rifiutano persino aiuto mentre questi è in fin di vita. Il pittore della agonie, con l'aiuto delle due sorelle, ritrae dal vivo prima cadaveri, poi malati terminali ed infine gli omicidi stessi delle due donne, che per amore del fratellino e dell'arte stessa vogliono rendergli i modelli sempre più realistici.
Il giorno stesso in cui ho visto questo film una mia collega mi ha postato su Facebook un articolo su un'"artista" che uccide gli animali in nome dell'arte, chiedendomi cosa ne pensassi.
Bèh, cosa posso dire? La storia si ripete e ciò che guardiamo nei film spesso e volentieri è meno peggio di ciò che ci circonda nella realtà.
Ps. Perdonatemi la vena da critica moralista

lunedì 21 novembre 2011

Non si sevizia un paperino

"Non si sevizia un Paperino", 1972, regia di Lucio Fulci.
Preparatevi ad una grande rivelazione... Sono ignorante! Eh sì, ma parecchio ignorante anche in ciò che amo e in ciò di cui scrivo. Non conoscevo e non avevo visto questo film fino a ieri. Mi è stato suggerito dal mio conoscente "cannibale" e in una domenica pomeriggio di apatica noia mi sono decisa a vederlo. 
Da brava ignorante mi piace guardare tutto con occhio vergine, senza andare a ricercare scheda del film, regista, anno di produzione e trama. E' un'esperienza che consiglio a tutti, sarete come bambini che si sorprendono di mille meraviglie e non vi lascerete influenzare da altro che dal vostro piacere. Ed ora mi sento ancora così, sorpresa da mille meraviglie, tanto da non riuscire a prendere un inizio per questo post, tanto da non riuscire a condividere con voi altri questa sensazione. 
Se dovessi descrivervi questo film con un solo aggettivo direi che è conturbante. E devono averlo pensato anche gli addetti alla censura, che vietarono la visione ai minori di 18 anni per le scene esplicite di morbosa e malata sessualità, tra cui quella di una bellissima e nudissima Barbara Bouchet (Patrizia, la ricca "straniera") che "seduce" verbalmente un bambino. Scena che tra l'altro costò una denuncia a Fulci.


venerdì 18 novembre 2011

Cannibalismo: una digressione sul sesso.

Qualche tempo fa ho avuto a cena un collega di mio padre, folle amante della carne cruda. Prima di conoscerlo e vederlo mangiare (noi la carne gliel'abbiamo servita cotta a dire il vero) ho sentito le più stravaganti storie su di lui. Tra una chiacchiera e l'altra abbiamo siamo finiti a parlare di horror e mi sono fatta consigliare qualche film (titoli che mi sto procurando)... la sua passione tendenzialmente splatter per un certo genere mi ha dirottata sui cannibal movie, un filone -mi sono sorpresa della scoperta- la cui nascita vanta una paternità tutta italiana.
A metà dei gloriosi anni 70 Umberto Lenzi pensò di trasformare l'ambientazione tipicamente gotica e notturna degli horror e portare il terrore alla luce del sole, in esotici ed incontaminati paesaggi. 
Legati indossolubilmente tra loro ci sono tre elementi che caratterizzano questo genere e ne fanno la sua fortuna in quegli anni e a venire: il sesso, la violenza sugli animali, la scoperta finale che le persone civilizzate sono più selvagge dei cannibali.
Soprattutto per i primi due motivi moltissimi di questi film furono censurati o addirittura banditi per anni dalle sale cinematografiche e ovviamente dalla tv, sia in Italia che in altri Paesi. 
Ciò che più mi ha incuriosita e indotta a riflettere non è stata tanto la palese violenza sugli animali, che inserisce questi film anche nel filone snuff (non è mancanza di sensibilità la mia, questo blog e chi lo gestisce sono assolutamente contrari alla violenza su qualsiasi essere vivente; ma purtroppo non scandalizza che ancora oggi per fare "buoni" film si perpetuino violenze sugli animali. "Baaria" e "Come l'acqua per gli elefanti" sono solo due esempi più recenti.), ciò che ha attirato la mia curiosità è il rapporto con il sesso. Scene erotiche piuttosto esplicite, che per quegli anni potevano essere una novità, sono state inserite in un genere cinematografico che sembra non averci nulla a che fare.
La verità è che l'horror e il sesso hanno sempre avuto questo rapporto intrinseco e mistico, sottile ma non troppo! L'atto di mordere il collo di giovani vergini da parte dei vampiri, sadici pugnalatori che sventrano giovani sventurate, Jack che squarta le prostitute, i cannibali che si cibano di seducenti donne, sono tutti impulsi repellenti e malati quanto primordiali e selvaggi che sostituiscono la penetrazione, la violenza sessuale, l'unione totale di due corpi.
La domanda che ci si pone di conseguenza è: perchè queste scene ci provocano repulsione ma ne siamo incredibilmente attratti?